LA PERIMETRAZIONE DELLE AREE A RISCHIO FRANA-Capitolo 4

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LA PERIMETRAZIONE DELLE AREE A RISCHIO FRANA

Capitolo 4

4.1   DEFINIZIONI

Il presente paragrafo riporta quanto convenzionalmente stabilito a livello internazionale per le terminologie utilizzate nello studio e nella valutazione del rischio.






Si ritiene utile porre l’attenzione sul concetto di rischio, poiché è soprattutto da esso che dipende la numerosa e diversificata produzione di metodologie tecnico-operative che sono state e sono in corso di sviluppo da parte della comunità scientifica nazionale ed internazionale.









Nel concetto stesso di rischio sono presenti diverse componenti: l’evento, la probabilità chetale evento si verifichi, il contesto ambientale, gli elementi coinvolti dall’evento ed il dannoche può essere prodotto.







Quando si parla di rischio si fa convenzionalmente riferimento al suo significato in termini dirischio totale così come definito anche nella formula di calcolo dall’UNESCO, che fin dal1976 ha promosso la costituzione di una “Commissione Frane” presso lo IAEG (International Association of Engineering Geology).






L’IAEG attualmente è confluita nella Commissione delle Società Geotecniche Internazionaliper il censimento mondiale dei fenomeni franosi.





Sempre presso l’UNESCO, a seguito della designazione dell’ultimo decennio (1990-2000) daparte dell’ONU come decennio internazionale per la riduzione dei disastri naturali, è statacreata l’UNDRO (United Nations Disaster Relief Office).







Oltre alla definizione di rischio (totale), si riportano anche le definizioni fornite sempre dal WP/WLI di frana, elementi a rischio, vulnerabilità, e rischio specifico.









Rischio totale (Risk=RT): è il numero di perdite (vite umane, edifici, strade, attività economiche, ec.) conseguenti ad un particolare fenomeno naturale. È ottenuto dal prodotto della pericolosità per la vulnerabilità per gli elementi a rischio ed è generalmente espresso monetariamente → R=H×V×E








Rischio specifico (Specific Risk = RS): è il grado di perdita atteso per una singola categoria di elementi a rischio in conseguenza di un particolare fenomeno naturale di data intensità. È espresso dal prodotto tra pericolosità e vulnerabilità e può variare tra 0 e 100% → RS=H×V.







Vulnerabilità (Vulnerability = V): è il grado di perdita prodotto su un certo elemento o gruppo di elementi a rischio risultante dal verificarsi di un fenomeno di instabilità di una data intensità. È espressa in una scala percentuale tra 0% (nessuna perdita) e 100% (perdita totale).







Elementi a rischio (Element at Risk = E): è l’insieme degli elementi a rischio all’interno dell’area esposta all’evento di instabilità, costituito dalle categorie dei soggetti distinte per caratteristiche intrinseche (popolazione, proprietà, attività economiche, etc.). Gli elementi a rischio si quantificano in termini relativi (valore venale) o assoluti (numero di persone, di edifici, di strade, etc.), comunque raggruppandoli per grado di omogeneità.







Pericolosità (Hazard = H): è la probabilità che un dato fenomeno di instabilità (potenzialmente distruttivo) si verifichi in un determinato intervallo di tempo ed in una certa area. È espressa in una scala percentuale tra 0% (nessuna probabilità di accadimento) e 100% (certezza dell’accadimento).








Frana (Landslide): un movimento di una massa di roccia, terra o detrito lungo un versante (Cruden 1991).
Come appare evidente dall’esame dei termini sopra elencati, la determinazione del Rischio totale è un’operazione abbastanza complessa.
In particolare le maggiori difficoltà si incontrano in relazione a:








Determinazione della pericolosità
In essa è racchiuso l’elemento di probabilità temporale (vi è anche quello di probabilità spaziale – Canuti 1994) che l’evento si verifichi.




Tale previsione risulta di estrema difficoltà di valutazione; infatti il calcolo della probabilità temporale che si verifichi un evento franoso, viene legato sovente (ma non sempre) all’interazione tra la distribuzione temporale delle precipitazioni, la loro intensità (soglia di precipitazione) e la conseguente risposta geomeccanica dell’area in dissesto e non ultimo dalla sismicità della zona.





Risulta evidente che mentre è possibile statisticamente analizzare l’andamento e l’intensità delle precipitazioni, i parametri da prendere in considerazione per l’area in dissesto, detti anche fattori passivi, sono estremamente variabili e poco uniformemente conosciuti (litologia, acclività, assetto strutturale, caratteristiche geomeccaniche, spessore della coltre sciolta, profondità della superficie di scivolamento, permeabilità).





A questi vanno aggiunti altri fattori antropici (scavi, carichi, disboscamenti) e non (sismi, azioni erosive).





Le difficoltà aumentano ancora qualora non si tratti di aree già mobilizzate, ma di eventi di neoformazione.
Tutto questo è ancora oggetto di studio: tuttavia i dati necessari per la determinazione della pericolosità sono così elevati che, laddove non disponibili, occorre procedere per opportune semplificazioni.












Determinazione degli elementi a rischio
Tale attività presuppone una conoscenza approfondita ed aggiornata degli elementi antropici la cui presenza determina l’insorgenza del rischio. Spesso il grado di approfondimento della conoscenza del territorio non è tale da consentire una schedatura puntuale delle situazioni a rischio esistenti anche a causa del mancato aggiornamento delle basi cartografiche.

Determinazione della vulnerabilità degli elementi a rischio.
Essa dipende essenzialmente dalla tipologia di evento e dalla sua intensità che è funzione della velocità e della massa mobilizzata. Anche in questo caso bisognerebbe procedere per opportune semplificazioni.

Riconoscimento della tipologia di fenomeno.

E’ frequente la difficoltà interpretativa nel riconoscimento di una tipologia di evento. Al fine di assicurare una lettura omogenea e armonizzata, a scala regionale, dei fenomeni franosi., è auspicabile un lavoro coordinato e soggetto a verifiche periodiche.

4.2   LE PROCEDURE PER LA DETERMINAZIONE DELLE AREE A RISCHIO DI FRANA

Il PAI è stato redatto, in una prima stesura, nell’anno 2001.

Ai sensi dell’art. 25 delle Norme di Attuazione, il PAI è stato annualmente aggiornato in base allo stato di realizzazione delle opere programmate, alle variazioni della situazione morfologica ed ambientale dei luoghi ed in funzione di nuovi studi conoscitivi intrapresi e degli approfondimenti delle conoscenze relative alla geometria, allo stato di attività e dei beni coinvolti, delle aree in frana già censite sulla base degli elementi disponibili e consolidati
durante la prima stesura del PAI.

La metodologia adottata per la perimetrazione e la classificazione delle aree in frana ha fatto riferimento alla più recente letteratura specializzata, ed in particolare alle linee guida redatte dal Servizio Geologico Nazionale ai fini della redazione dell’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia (IFFI).

4.2.1   Carta Inventario delle Frane


I punti essenziali del percorso metodologico adottati per la redazione della Carta Inventario delle Frane nella prima stesura del presente Piano sono di seguito riportati:

a) acquisizione delle cartografie in scala 1:2000 e 1:5000 dei PRG e degli strumenti di pianificazione comunale, prodotte o aggiornate a seguito del terremoto del 1980, con le eventuali indicazioni della entità dei fenomeni verificatisi, nonché delle attività di consolidamento;

b) acquisizione di studi di settore (Università, Enti locali strutture pubbliche e private) contenenti cartografia tematica e segnalazioni, di ausilio alla valutazione dei fenomeni, alla loro estensione ed attività.
Più in particolare sono state acquisite le segnalazioni trasmesse da:

• Dipartimenti regionali, attraverso gli elaborati del Piano Straordinario per le Aree a elevato Rischio Idrogeologico nonché le schede compilate in riferimento alla L. 365/2000 art. 2 comma 3 (attività straordinaria di Polizia Idraulica);

• Province, per quanto concerne i dissesti da frana interessanti la rete viaria di competenza provinciale;
• Comuni, attraverso l’analisi dei documenti già prodotti in riferimento alla L. 267/98 ed ulteriori segnalazioni;
• Comunità Montane, attraverso studi specifici;
• Corpo Forestale della Stato, con segnalazioni puntuali di aree con problemi di natura idrogeologica;
• Altra documentazione fornita da Enti ed Amministrazioni operanti sul territorio;

c) acquisizione di dati cartografici presso le Autorità di Bacino Regionali a seguito della loro attività di pianificazione. Prima della istituzione dell’AdB della Basilicata, le preesistenti AdB, in particolare quella del Sinni e del Bradano, hanno prodotto una serie di documenti cartografici che sono stati tenuti in considerazione ai fini della individuazione e perimetrazione delle aree a rischio frana;

d) acquisizione di cartografie e schede di censimento del GNDCI relative al Progetto AVI. Si tratta di cartografie in scala 1:25.000 sulle quali sono riportate le perimetrazioni di corpi di frana o elementi geomorfologici significativi di alcuni centri urbani della Basilicata. Inoltre sono stati recepiti gli eventi censiti ed individuabili riportati nello stesso progetto in parte diffuse su supporto informatico (database MS-Access);

e) acquisizione di dati cartografici prodotti dalle strutture regionali. Sempre al fine di creare una completa banca dati territoriale relativa ai bacini dell’AdB, sono stati acquisiti tutti gli studi realizzati dalle diverse strutture della Regione Basilicata che hanno attinenza con le tematiche del Piano Stralcio. Queste ulteriori informazioni sono state utilizzate dalla Segreteria Tecnica Operativa dell’AdB a supporto delle attività di analisi e valutazione dei dati e delle cartografie utilizzate per la individuazione e perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico;

f) verifica delle perimetrazioni acquisite e della loro estensione cartografica, mediante attività di aerofotointerpretazione. Le informazioni acquisite sono state verificate attraverso la fotointerpretazione geomorfologica utilizzando le foto aeree, fornite dal Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi della Basilicata (volo
1991; scala 1:33.000) e delle ortofotocarte AIMA (1997) al fine di focalizzare gli elementi necessari alla individuazione della estensione e tipologia di movimento (cinematismo, area di propagazione) e alla attribuzione della relativa classe rischio o di pericolosità ad un determinato areale, nonchè al fine di individuare la eventuale necessità di eseguire verifiche in situ;

g) azione di coordinamento dei Comuni coinvolti, per l’acquisizione, omogeneizzazione e verifica dei dati;

h) costruzione della Carta Inventario dei movimenti franosi su base cartografica informatizzata in scala 1:10.000 e relativa cartografia di dettaglio.

Ai fini della redazione degli aggiornamenti del PAI l’aggiornamento della Carta inventario delle frane ha costituito la fase più delicata dell’intero percorso posto in essere. Tale attività è stata svolta di concerto con l’Ufficio Geologico Regionale e con la collaborazione del Dipartimento di Geologia dell’Università della Basilicata.
Si è scelto di utilizzare la metodologia standardizzata attraverso l’interpretazione e la nomenclatura dei dissesti, assunta nell’ambito del Progetto IFFI già citato.

I gruppi di lavoro incaricati hanno potuto rilevare, attraverso dirette ricognizioni in sito, tutte le informazioni necessarie, riportate nelle tabelle 1 e 2.

Queste informazioni, codificate attraverso schede, sono state successivamente elaborate e inserite nel SIT, processate e rappresentate negli allegati cartografici del PAI.

Oltre alla carta inventario della frane, le schede compilate dai geologi impegnati nella fase di rilevamento, hanno permesso di avere a disposizione, dove possibile, altri tipi di informazioni (interventi di consolidamenti eseguiti, danni esistenti, geologia, geomeccanica, idrogeologia, etc.) consultabili attraverso il data base creato in Access e collegato al Sistema Informativo Territoriale (SIT) dell’AdB.

Per la valutazione della pericolosità associata ai fenomeni gravitativi si è tenuto conto della tipologia del movimento franoso, che è stata classificata come riportato nella tabella 1.

Tabella 1 - Tipologia dei fenomeni franosi (da schede di rilevamento)

TIPOLOGIA DEI FENOMENI FRANOSI
crollo
ribaltamento
scivolamento rotazionale
scivolamento traslativo


espansione laterale
colamento lento
colamento rapido
sprofondamento
DGPV
aree soggette a sprofondamenti diffusi
aree soggette a frane superficiali diffuse (creep o soliflussi)
calanchi

4.2.2    Determinazione degli elementi vulnerabili

Così come accennato nei precedenti paragrafi, il lavoro sul terreno ha consentito di acquisire tutte le informazioni relative agli elementi vulnerabili presenti sulle singole aree in frana e su quelli posti nelle aree di possibile influenza del fenomeno stesso.
Di seguito si riporta la scheda di rilevamento con la indicazione degli elementi di valore considerati.

Tabella 2 - Individuazione dei beni presenti (da schede di rilevamento)

BENI PRESENTI SULL'AREA IN DISSESTO
Centri abitati Strade Beni culturali Strutture servizio pubblico
Centro mag. [ ] autostrada [ ] monumenti [ ] ospedale [ ]
Centro minore [ ] statale [ ]
beni stor.-arch.
[ ] caserma [ ]
nucleo rurale [ ] provinciale [ ] musei [ ] scuola [ ]
case sparse [ ] comunale [ ] opere d'arte [ ] biblioteca [ ]
Ruderi [ ] Altro [ ] Infrastrutture di
servizio
sedi P.A. [ ]
Attività
economiche
Opere
sistemazione
acquedotti [ ] chiesa [ ]
nucleo
commerciale
[ ] reg.
fluviale
[ ] fogne [ ] impianto
sportivo
[ ]
artigianale [ ] Cons.
versante
[ ] linee elettriche [ ] cimitero [ ]
impianto
manifatturiero
[ ] Op.
protezione
[ ] linee
telefoniche
[ ] centrale
elettrica
[ ]
impianto
chimico
[ ] gasdotti [ ] porto [ ]
impianto
estrattivo
[ ] oleodotti [ ] ponte o
viadotto
[ ]
impianto
zootecnico
[ ] canalizzazioni [ ] galleria [ ]
Terreno
agricolo
impianti a fune [ ] condotta
forzata
[ ]
seminativo [ ] Ferrovie stazione
ferroviaria
[ ]
seminativo
arborato
[ ] alta velocità [ ] bacino
idrico
[ ]
Colture
specializzate
[ ] 2 o più binari [ ] diga [ ]
Colture
specializzate
[ ] 1 binario [ ] inceneritore [ ]
Bosco [ ] Rete urbana [ ] discarica [ ]
rimboschimento [ ] Ferrovia nd [ ] depuratore [ ]














4.2.3 Determinazione del rischio




La determinazione del rischio rappresenta l'elaborazione di sintesi dell'interazione tra il fenomeno naturale (frana esistente) e l'elemento vulnerabile.
L'attribuzione delle classi di rischio è stata effettuata attraverso due fasi distinte:








prima fase: attribuzione della classe di rischio attraverso un algoritmo di calcolo impostato all'interno del SIT, che tiene conto dell'estensione del fenomeno, della tipologia di movimento e dei beni presenti nell'areale considerato;








seconda fase: verifica puntuale della corrispondenza tra il rischio attribuito ed il contesto morfologico ed insediativo all'interno del quale il fenomeno franoso risulta inserito.
Durante questa fase, ad esempio, sono state classificate a rischio molto elevato, aree al momento non interessate da fenomeni franosi ma che comunque presentano effettive condizioni di rischio (scoscese pareti rocciose molto fratturate, già oggetto di fenomeni di crollo, gravanti su insediamenti abitativi o infrastrutture; aree ubicate immediatamente a monte di fenomeni gravitativi in evoluzione, etc.). Allo stesso modo sono state declassificate quelle aree ove è stato possibile quantificare gli effetti di opere di consolidamento o di recupero statico del dissesto.

Le classi di rischio attualmente presenti nel PAI sono le seguenti:

R4 = area in cui è possibile l'instaurarsi di fenomeni tali da provocare la perdita di vite umane e/o lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici ed alle infrastrutture, danni al patrimonio ambientale e culturale, la distruzione di attività socio-economiche

R3 = area in cui è possibile l'instaurarsi di fenomeni comportanti rischi per l'incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici ed alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, la interruzione delle attività socio-economiche, danni al patrimonio ambientale e culturale.

R2 = area in cui è possibile l'instaurarsi di fenomeni comportanti danni minori agli edifici, alle infrastrutture ed al patrimonio ambientale, che non pregiudicano le attività economiche e l'agibilità degli edifici.

R1 = area in cui è possibile l'instaurarsi di fenomeni comportanti danni sociali ed economici marginali al patrimonio ambientale e culturale.

P = area che, pur presentando condizioni di instabilità o di propensione all'instabilità, interessano aree non antropizzate e quasi sempre prive di beni esposti e, pertanto, non minacciano direttamente l'incolumità delle persone e non provocano in maniera diretta danni a beni ed infrastrutture.

ASV = (aree assoggettate a verifica idrogeologica) aree nelle quali sono presenti fenomeni di dissesto e instabilità, attivi o quiescenti, da assoggettare a specifica ricognizione e verifica.

4.3 Lo studio e i rilievi nel territorio dell'Alta Val d'Agri

Nel mese di luglio 2008 l'AdB della Basilicata ha sottoscritto con il Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata e il Dipartimento Patrimonio Culturale del CNR il progetto di ricerca denominato "Tutela del territorio e conservazione del Patrimonio Culturale nell'area compresa tra l'alta-media Val d'Agri, la Val Camastra-Sauro e la Valle del Melandro, attraverso rilevamento geomorfologico ed il controllo delle aree in frana", avente tra la finalità quella di censire, perimetrare e classificare le aree a rischio idrogeologico presenti nel territorio interessato dalle attività petrolifere, comprendente complessivamente trenta comuni, (di cui la maggior parte ricadenti nel territorio dell'AdB della Basilicata) e l'inserimento di tali aree nel Piano Stralcio per la Difesa dal Rischio Idrogeologico.
Le attività del Progetto sono state articolate come segue.
Inizialmente i tecnici del CNR hanno avviato le attività di rilevamento di campagna, la compilazione delle schede IFFI (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia, Sevizio Geologico Nazionale), la ricerca storica d'archivio e l'informatizzazione dei dati secondo le indicazioni e le specifiche tecniche fornite dall'AdB al fine di garantire l'omogeneità con le metodologie già utilizzate per la redazione del PAI.

Le attività e i criteri utilizzati per l'acquisizione dei dati territoriali inerenti i fenomeni di instabilità dei versanti in atto o quiescenti presenti nelle aree investigate possono essere così riassunti:

1. rilevamento geomorfologico esclusivamente delle aree in frana e dei loro elementi morfologici caratteristici (sono stati esclusi i fossi in erosione o le erosioni sponda, salvo nei casi in cui le stesse inneschino richiami gravitativi a monte con processi retrogressivi) cartografabili alla scala 1:10000, utilizzando una base cartografica in scala 1:10000 (diritti aut. ENI s.p.a.). I rilevamenti sono stati eseguiti nelle aree "aperte" non urbanizzate o comunque non ancora coperte da informazioni del PAI vigente dell'AdB;
2. aereofotointerpretazione di strisciate IGM relative agli anni 1974 e 1990;
3. rilevamento in sito dei beni vulnerabili presenti nelle aree interessate da dissesti e movimenti gravitativi di versante, eventualmente integrato da controlli realizzati principalmente sulla base delle ortofoto del 2006 tratte dal Portale Cartografico Nazionale, al fine di determinare il livello di rischio;
4. ricerca e verifica dei dati storici d'archivio (Progetto CARG Basilicata e Progetto AVI) e bibliografici.

Successivamente le perimetrazioni degli areali interessati da fenomeni di dissesto sono state validate a seguito di incontri tenutisi tra tecnici dell'AdB e del CNR.
Per l'attribuzione delle classi di rischio a ciascun areale l'AdB si è avvalsa della stessa metodologia adottata per gli aggiornamenti del PAI precedenti.

Alla data di aprile 2009 le attività suddette sono state concluse per i seguenti nove comuni:
Armento, Grumento Nova, Marsico Nuovo, Marsicovetere, Montemurro, Paterno, Sarconi, Spinoso, Tamutola, e le aree a rischio censite sono state inserite negli aggiornamenti del PAI.

I successivi aggiornamenti del PAI conterranno i risultati dei rilievi effettuati nei restanti comuni compresi nel Progetto e ricadenti nel territorio di competenza dell'AdB.

4.4   IL SISTEMA INFORMATIVO TERRITORIALE DELL'AUTORITÀ DI BACINO

4.4.1 Premessa

Il Sistema Informativo Territoriale (SIT) dell'Autorità di Bacino della Basilicata ha come obiettivi fondamentali quelli di fornire una conoscenza aggiornata ed integrata delle realtà esistenti all'interno del territorio e di essere uno strumento operativo per le attività di programmazione, pianificazione e di verifica degli interventi che vengono via via attuati.

Relativamente alla porzione di territorio individuata dalla delimitazione dei bacini idrografici di competenza dell'AdB della Basilicata, il SIT è potenzialmente costituito dai dati e dalle informazioni distribuiti negli archivi dei vari Enti/Amministrazioni/Aziende responsabili delle attività esercitate sul territorio nonché da dati acquisiti direttamente dall'AdB.

4.4.2 I contenuti del SIT

Il patrimonio informativo è costituito da un insieme di strati informativi di base e tematici.

Il sistema di coordinate utilizzato è UTM ED50 fuso 33.

Per quanto riguarda gli strati informativi di base, essi sono costituiti dalla cartografia in scala 1:50.000 in formato raster, acquisita dalla Regione Basilicata, e dalle ortofoto digitali ex- AIMA (1997) fornite dal Ministero dell'Ambiente e dalle ortofoto prodotte dall'AdB Basilicata relative alle aste principali dei corsi d'acqua del proprio territorio.

Gli strati informativi tematici sono costituiti da informazioni in formato vettoriale e raster ricavate da diverse fonti e possono raggrupparsi nelle seguenti aree:

- limiti amministrativi
- idrografia
- intersezioni di infrastrutture con il reticolo idrografico
- fenomeni di dissesto idrogeologico
- aree a rischio idrogeologico
- interventi di manutenzione idraulica

I limiti amministrativi dei comuni ricadenti nelle 5 province di: Potenza, Matera, Bari, Taranto e Cosenza e completi di isole amministrative sono stati acquisiti dall'ISTAT; sono inoltre stati acquisiti mediante digitalizzazione i limiti amministrativi dei 118 comuni compresi nell'AdB riportati sulla cartografia IGM in scala 1:50.000.

Per quanto riguarda l'idrografia il SIT comprende:

- il reticolo idrografico digitalizzato da cartografia IGM 1:25.000 (fonte : Università degli Studi della Basilicata) e gerarchizzato secondo il metodo di Horton-Strahler;

- il reticolo idrografico digitalizzato dalle ortofoto ex-AIMA, limitato alle aste principali e ai principali affluenti;

- i limiti degli invasi artificiali ricavati mediante digitalizzazione delle ortofoto ex- AIMA;

- i limiti di bacino acquisiti in precedenza dalla Regione Basilicata;

Per quanto concerne i fenomeni di dissesto idrogeologico sono presenti nel SIT:

- i limiti delle aree soggette a fenomeni franosi (circa il 10% del territorio di competenza dell'AdB). Tali limiti sono stati ottenuti utilizzando informazioni desunte da strumenti urbanistici comunali, strumenti di pianificazione e programmazione di settore nonché da segnalazioni provenienti da altri enti operanti sul territorio;

- le ubicazioni di un congruo numero di infrastrutture (edifici e rete viaria) ricadenti nelle summenzionate aree;

- le ubicazioni degli eventi calamitosi storicamente verificatisi, desunti da informazioni derivate dal Progetto AVI - Catalogo delle informazioni sugli eventi di inondazione realizzato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) nell'ambito del Sistema Informativo sulle Catastrofi Idrogeologiche

Relativamente ai comuni interessati dai diversi aggiornamenti (2002, 2003, 2004, 2005, 2006, 2007), a seguito di verifiche ed approfondimenti, ad ogni area interessata da fenomeni di dissesto, è stata associata una scheda descrittiva (derivata dal Progetto IFFI - Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia) contenente, in particolare, informazioni su:
- geologia;

- classificazione dell'evento franoso;

- beni presenti sull'area in dissesto.

Gli strati informativi relativi alle aree a rischio idrogeologico sono suddivisi in:

- aree a rischio di versante, differenziate per classe di rischio;

- aree a rischio idraulico, differenziate per periodo di ritorno.

4.4.3 Gli strumenti software
I software utilizzati per la organizzazione e gestione dei dati sono i seguenti:

- ArcView GIS (ESRI);

- Microsoft Access.

- Applicazione Gestpai

ArcView GIS è un software GIS desktop tra i più diffusi, già in uso presso alcuni uffici regionali e presso il Ministero dell'Ambiente. Attraverso tale GIS è possibile gestire dati raster in diversi formati e dati vettoriali nei formati ESRI coverage, shapefile e Autodesk DWG e DXF.

In particolare tutti gli strati informativi vettoriali creati e utilizzati nell'ambito del presente Piano Stralcio sono nel formato shapefile; questo garantisce all'AdB la possibilità di scambiare dati anche con Enti non in possesso del software Arcview, in quanto il formato shapefile può essere letto e prodotto con vari software.

Per quanto riguarda le informazioni alfanumeriche associate ai dati vettoriali, il modello shapefile prevede l'utilizzo di tabelle in formato dbf formato tra i più comuni e gestibile anche con le applicazioni Microsoft Excel e Microsoft Access).

ArcView è inoltre in grado di connettersi anche ai più diffusi sistemi di gestione di database (Microsoft Access, Microsoft SQL Server, Oracle ed altri) e ciò garantisce la possibilità di collegare in modo dinamico ai dati vettoriali anche informazioni contenute in database creati e gestiti per altri scopi.

E' stata creata un'applicazione in ambiente Visual Basic denominata ‘Gestpai' che consente la gestione completa dell'iter amministrativo di aggiornamento del PAI.

L'organizzazione descritta consente quindi all'Autorità di Bacino di far fronte nell'immediato all'onere di gestire in modo efficiente il patrimonio informativo associato al PAI e, a partire da esso, costruire un SIT più organico ed articolato anche a servizio delle strutture regionali.